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Yunnan, alla ricerca della Cina autentica

In Cina, “a sud delle nuvole”, i contadini festeggiano ancora la raccolta del riso in ottobre e a marzo le sagre si accendono tra i campi di colza in fiore.
La Rivoluzione Culturale sembra non aver toccato questa regione nella parte sud occidentale del Paese, dove 52 etnie convivono pacificamente tra sincretismi religiosi e ritmi di vita scanditi dalla natura.
Ci troviamo in Yunnan, letteralmente a sud delle nuvole, e iniziando da Kunming partiamo alla ricerca della Cina più autentica, dove Mao non è riuscito ad estirpare i valori di una cultura secolare.
Tra le rocce della foresta di pietra di Shilin, gli Yi credono che si nasconda il corpo pietrificato di una giovane donna in attesa del suo amore eterno. Le donne di queste etnie indossano copricapi con due triangoli e se un uomo ne tocca uno significa che è interessato alla ragazza. Il matrimonio non è cosa da poco però, per poter finalmente convolare a nozze il futuro sposo dovrà lavorare per la famiglia della donna per almeno 3 anni.
A Luoping il mare giallo dei campi di colza in fiore ci accoglie tra allegri cinesi festanti che, con l’arrivo della primavera, celebrano la fioritura di questa pianta usata per la produzione di olio. Ancora non sappiamo che la natura manipolata dall’uomo ci offrirà il suo spettacolo migliore a YanYang, tra le risaie terrazzate degli Hani. Dall’alto della montagna i terrazzamenti scendono a fondo valle, l’acqua ricopre le piantine di riso e il sole che si riflette disegna una tela uscita da un atelier di un pittore impressionista. Le donne con indosso abiti neri e blu pascolano i bufali d’acqua mentre sulle spalle portano gerle stracolme di ogni bene. Nelle loro “case fungo” i mattoni stanno sostituendo il fango, ma i tetti rimangono ancora in paglia. Una vita dura tra queste risaie, dove le persone di una stessa etnia si aiutano a vicenda, ma non si mischiano mai con altre comunità.


La Cina tradizionale, con le case-bottega, la scopriamo a Lijiang. Nella città vecchia è impossibile non perdersi tra i tortuosi vicoli affiancati da canali…attenzione a non caderci dentro! Le case di questa città rappresentano un patrimonio storico che ci auguriamo che la corsa alla modernizzazione della Cina non distrugga. Al Villaggio Basho invece incontriamo un patrimonio storico vivente, il Doctor Ho. Questo arzillo 94enne ha curato gratuitamente i suoi pazienti con erbe medicinali cinesi. Quando passiamo dalla sua casa ci invita ad entrare e ci mostra tutti gli articoli di giornali e premi vinti durante la sua onorata carriera.
Nello Yuhu Village, tra alcune case di pietra entriamo in una dove visse il botanico Joseph Rock, grande studioso dell’etnia locale dei Naxi. Rock trascorse qui circa 24 anni, uno dei pochi occidentali nell’epoca passata a poter risedere in Cina. Si pensa che proprio la sua vita ispirò la nascita di Shangri La, il paradiso nel libro “Orizzonti Perduti” di Hilton, dove si racconta di un pacifico paesino sperduto tra le montagne a sud ovest della Cina.
Passando la terza gola più profonda al mondo, quella del Salto della Tigre, ci ritroviamo in quella che non sembra Cina, infatti eccoci in territorio tibetano. Dopo che nel 1959 la Cina conquistò il Tibet la regione venne divisa e parte di questa entrò a far parte dello Yunnan. Per motivi commerciali la cittadina di Zhongdigan venne indentificata nel 1997 come Shangri La, attraendo diversi visitatori…ma non possiamo dire da tutto il mondo. Nei nostri 11 giorni di permanenza in Yunnan abbiamo incontrato solo due gruppi di occidentali. Infatti nemmeno in aeroporto e negli hotel le persone parlano inglese, e come alternativa per ovviare alla difficoltà di mangiare con le bacchette non ci resta che acquistare delle forchette.
Shangri La nasconde un piccolo Potala, un monastero tibetano- buddista dove 600 monaci ancora studiano. Il misticismo sembra essere scomparso mentre ci aggiriamo nel luogo sacro, la conquista cinese sembra aver tolto l’anima di questi posti. Per motivi di spazio, economici e di potere la Cina invase questi territori a più di 3.000 metri di altezza e il malcontento della popolazione tibetana lo si percepisce subito.
La neve cade a fiocchi sul centro di Shangri La, sotto la ruota per la preghiera più grande al mondo, e per noi è giunto il momento di rientrare in Italia. Siamo partiti con la speranza di trovare una Cina più autentica, dove la Rivoluzione Culturale non abbia spazzato via le radici di un popolo. Di sicuro qualcosa abbiamo scorto, ma non sappiamo ancora per quanto durerà. Un’altra Rivoluzione, quella del consumismo e del commercio, ha preso il posto alla rivoluzione culturale di Mao. Se gli stessi cinesi non capiranno l’importanza di preservare il proprio passato, tra poco anche lo Yunnan rischierà di cadere nella “banalità moderna”.

 

Sabrina Ferrario

 

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